




Questa tovaglia, interamente creata al tombolo, con i suoi 3 m di lunghezza e 1,8 m di larghezza, è un prodotto eccezionale dell’artigianato domestico e artistico della lavorazione del merletto di Idrija. Raccoglie tutti gli elementi e le tecniche di questo famoso merletto tradizionale: il nastro ininterrotto di Idrija, il nastro con elementi interni, il nastro lavorato, il nido d’ape, fiori, foglie a mezzogiro. È realizzata in filo di lino color crema n. 90. Essendo troppo grande per essere lavorato in un unico pezzo, il modello (papirc) del disegno è diviso in varie parti che si ripetono. I pezzi di pizzo (in totale sono 46) sono tenuti insieme da una cucitura invisibile. Il modello in carta per la tovaglia è stato disegnato dalla famosa disegnatrice di Idrija Zorka Rupnik (1905-1989), ed è stato prodotto al tombolo da un gruppo di 15-20 esperte merlettaie. In meno di sei mesi sono state necessarie circa 5.000 ore di lavoro. Nel set sono inclusi 24 tovaglioli di lino con bordo in pizzo cucito.
La tovaglia fa parte della collezione di merletti, che include circa 8.000 pezzi ed è uno dei esemplari più prestigiosi di cui si vanta il Museo civico di Idrija. La tradizione orale che lo circonda è ricca e varia. Il lavoro fu commissionato negli anni 70 alla ditta Čipka Idrija, che organizzò la produzione di questo copritavolo, dai rappresentanti del Protocollo della Repubblica di Slovenia. Il desiderio era di produrre un’opera d’arte per la decorazione di un tavolo per 12 persone, da regalare a Jovanka Broz, moglie del presidente jugoslavo Josip Broz – Tito. Sebbene questa straordinaria tovaglia non sia mai stata consegnata a Jovanka e non abbia mai adornato un tavolo negli ambienti pubblici o privati del presidente Tito, è nota al pubblico come la “tovaglia di Jovanka”.
Uno dei più antichi edifici di Idrija, e senza dubbio il più imponente, è il castello minerario Gewerkenegg, eretto negli anni 1522-1533. Questo castello è molto diverso dal resto dei castelli sloveni ed è ancora oggi un mistero archeologico. Il nome germanico può essere semplicemente tradotto con “castello minerario”, in quanto venne costruito dai proprietari della miniera (all’epoca era privata) per le necessità della miniera stessa. Non ospitò mai signori feudali, bensì l’amministrazione della seconda più grande miniera di mercurio del mondo: il direttore, l’intera direzione e le loro famiglie. Qui vennero immagazzinate per secoli le preziose scorte di mercurio, finché non fu costruito un altro magazzino in città alla fine del XVIII secolo. Dalla collina del castello, il mercurio venne inviato per secoli in tutti gli angoli del pianeta, anche in Sud America. Dal 1953, ovvero da quando il castello ospita il nostro museo, quasi 2.000 m² di locali, uffici e magazzini sono stati dedicati alle attività espositive.
La difesa del castello rinascimentale era affidata a trincee esterne, a tre torri e al torrente Nikova, sul lato sud. L’ingresso principale sul lato ovest pare fosse protetto da un ponte levatoio. Nell’ultimo quarto del XVIII secolo, il castello fu completamente rinnovato. A quel periodo risalgono i pittoreschi affreschi che possono ancora essere ammirati sulle facciate del cortile. Tuttavia, pochi sanno che i primi segni di costruzioni sulla collina del castello risalgono a un passato ancora antecedente. Fonti del Consiglio comunale di Cividale, risalenti al 1493, menzionano la presenza in questo luogo di una cappella dedicata a Sant’Acacio, che venne qui eretta dai minatori tedeschi poco dopo il loro arrivo.
La Slovenia vanta una tradizione molto ricca nell’utilizzo di ruote idrauliche per l’alimentazione di mulini e seghe ad acqua. Il loro utilizzo è meno diffuso nell’industria mineraria, fondiaria o in altre attività artigianali. A Idrija, tra le numerose strutture minerarie alimentate ad acqua, la Kamšt è l’unica ad essersi conservata fino ai giorni nostri. La parte più interessante di questo famoso dispositivo di pompaggio, risalente al 1790, è la sua ruota motrice. Questa ruota di legno di 13,6 m di diametro con afflusso d’acqua dall’alto e pale a cassettoni è installata in un monumentale edificio in muratura. Continuiamo a domandarci perché debba restare così nascosta agli occhi del pubblico. Il funzionamento della Kamšt rappresentava forse un pericolo troppo alto per chi si trovava in sua prossimità o magari era un’innovazione che si voleva nascondere agli occhi della concorrenza? Dei 75 m di assi di trasmissione che collegavano la ruota al sistema di pompaggio nel pozzo della miniera, se ne sono conservati una decina. La ruota idraulica ruotava 4-5 volte al minuto, attingendo circa 300 litri di acqua al minuto dalle miniere a 283 m di profondità. Sebbene la Kamšt abbia smesso di funzionare nel 1948, la sua ruota può ancora essere messa in movimento.
L’Ospedale partigiano Franja è uno dei pochi ospedali partigiani sloveni, attivi durante la seconda guerra mondiale, che sono sopravvissuti fino ad oggi. L’ospedale è cresciuto nell’aspra gola di Pasice a Dolenji Novaki pri Cerknem. È un luogo di memoria dal valore comunicativo eccezionale. È stato proclamato monumento di importanza nazionale ed anche insignito del Marchio del patrimonio europeo per il suo contributo alla storia europea comune.
Fa appello ai visitatori in diversi modi. Forse vi colpiranno la vista delle pareti a strapiombo della gola e l’effervescente e maestosa cascata lungo il percorso di accesso oppure vi incanterà il sentiero che sale dolcemente attraverso la foresta, circondato dal profumato tappeto dei ciclamini di bosco. Sarete sicuramente colpiti e sorpresi dal gruppo di baracche di legno incastonate sul fondo della gola di Pasice e dalla storia della loro origine e missione.
Proprio nei momenti più difficili, i partigiani lo costruirono con l’aiuto della gente del posto per salvare vite. Quattordici capannoni di legno in tutto, tra quelli con i letti a castello, quelli adibiti a sale operatorie e radiografie, una cucina, un magazzino, una lavanderia con bagni, una centrale elettrica, vari rifugi per i feriti e bunker per la guardia, testimoniano la straordinaria organizzazione della vita e del lavoro di una manciata di persone che furono disposte a sacrificare le loro vite per aiutare gli altri. È una testimonianza della loro dedizione, dell’ingegnosità e dell’alto livello di competenza professionale: hanno infatti fornito rifugio a 578 feriti tra il 23 dicembre 1943 e il 5 maggio 1945; molti di questi si salvarono. Al funzionamento dell’ospedale vengono associati i nomi di molte persone coraggiose: la dottoressa Franja Bojc Bidovec, da cui l’ospedale prende il nome, il fondatore e medico Viktor Volčjak, il medico italiano Antonio Ciccarelli, il chirurgo Franci Derganc, gli infermieri Gašper e Danilo, le infermiere Pavla e Lida e molti altri, molti feriti di diverse nazionalità, piloti alleati, soldati feriti dell’esercito nemico ecc. Le storie dei feriti e del personale, raccontate dalle tavole informative poste tra le baracche, riportano in vita il ricordo di tempi di sofferenza e di prove difficili, ma anche di straordinario cameratismo, coraggio e solidarietà. Qui possiamo renderci conto del prezzo della pace e della libertà di cui godiamo oggi.
Il Cubo di mercurio è una scultura insolita, esposta nella mostra “Cinque secoli della miniera di mercurio e della città di Idrija”, nella cosiddetta torre del mercurio del castello Gewerkenegg. La torre del mercurio è strutturata come un piccolo punto di accesso al mondo sotterraneo di Idrija. L’aspetto interno ricorda il pozzo di una miniera che, con le sue funi e scale in acciaio, invita all’esplorazione di un mondo nel sottosuolo fatto di tunnel e conduce il visitatore al luogo di di lavoro dei minatori in fondo al pozzo, dove si nasconde un tesoro naturale.
Il cubo è opera dello scultore accademico Jožef Vrščaj ed ha un valore sia artistico, sia simbolico. È realizzato in plexiglass ed è un cubo con lati di 59 cm, in cui si trovano centinaia di goccioline di mercurio intrappolate in modo artistico. La scultura rappresenta il tesoro nascosto nelle viscere della terra, proprio sotto la superficie di Idrija. Le goccioline di mercurio simboleggiano le centinaia di minatori anonimi scesi nelle profondità di Idrija giorno dopo giorno per 500 anni, scavando ed estraendo preziosi minerali, dai quali si ricavava l’unico metallo liquido al mondo. La ricchezza prodotta a Idrija, come viene suggerito dalla copia dello storico mulino a vento, che appare sotto il cubo, ha raggiunto tutti gli angoli del globo. Ha fatto conoscere il nome di Idrija e della sua miniera nel mondo e, allo stesso tempo, allargato gli orizzonti dei suoi abitanti.
Questo pezzo fu ricevuto dal museo nel 1957 dalla miniera di mercurio di Idrija. Il contenitore contiene 1,55 litri ovvero 21 kg di mercurio. La sfera di acciaio che galleggia al suo interno ha un diametro di 6,5 cm e pesa 1,10 kg. Con l’aiuto di questo esemplare, i visitatori possono immaginare in modo più vivido le proprietà fisiche e chimiche del mercurio, come densità, stato di aggregazione, solubilità, elasticità, tensione superficiale, formazione di leghe con altri metalli e, di conseguenza, capirne l’uso specifico.
Il mercurio è un elemento chimico contrassegnato dal il simbolo Hg. È un metallo pesante con una densità di 13,6 kg/dm³ ed è l’unico metallo allo stato liquido in condizioni ambientali standard. Poiché la densità dell’acciaio è inferiore (7,8 kg/dm³), la sfera galleggia nel mercurio. Il mercurio dissolve oro, argento, zinco e molti altri metalli, e forma con loro amalgami (leghe). Tuttavia, poiché il ferro è un’eccezione a tale regola, possiamo utilizzare un contenitore di acciaio per metterlo in mostra ed è proprio l’acciaio che viene utilizzato di norma per immagazzinarlo e trasportarlo. Ecco perché, tra i reperti, sono annoverate anche bombole in acciaio, utilizzate per l’immagazzinaggio, il trasporto e la vendita del mercurio.
Avete mai sentito parlare dei contrabbandieri? Vi raccontiamo una storia vera, risalente al XVIII secolo, che parla di Marina Melhiorca, la più antica mercante di merletti e contrabbandiera di mercurio conosciuta per nome. Era una donna povera, non più giovane, ma apparentemente furba, veniva da Šebrelje, nei pressi di Cerkno, e fu coinvolta in una causa contro una banda di ladri e trafficanti a Idrija nel 1729 e nel 1731. I documenti a nostra disposizione sono un vero romanzo giallo, a partire dalla notte in cui i dipendenti del tribunale di Tolmino, attraverso la neve alta si fecero strada fino a Šebrelj, afferrarono e picchiarono gravemente la povera Melhiorca e la rinchiusero in una prigione nel castello di Idrija. Nonostante la sua età e condizione, Melhiorca riuscì sempre a prendere in giro gli inquisitori e infine… A quel tempo, il gestore della miniera, il nobile Franc Anton Steinberg, riconobbe che il processo contro i trafficanti in questione era al di là dei suoi poteri. Probabilmente perché era coinvolta una donna. Scoprirete il destino di Melhiorca e dei suoi compagni di crimine visitando il museo o guardando la prima fiaba cinematografica prodotta dal museo: Melhiorca e la sua borsa da contrabbando!
Nella tipografia partigiana “Slovenija” è ancora presente e in funzione la macchina da stampa ad alta velocità a funzionamento elettrico che, durante la guerra, stampò il Partizanski dnevnik, ovvero la Gazzetta del partigiano, l’unico quotidiano stampato di qualsiasi movimento di resistenza in Europa.
La macchina è del tipo Rapida di lusso, prodotta dall’azienda italiana Società Nebiolo, Torino. La sua capacità varia da 800 e 1.000 stampe all’ora. La macchina è ancora alimentata dal motore elettrico originale, un prodotto della fabbrica Siemens-Schuckert-Werke di Vienna. La centrale elettrica presso la tipografia è ancora in funzione e in grado di produrre l’elettricità necessaria per alimentare il motore elettrico e illuminare le baracche. Il custode della tipografia mostra il funzionamento della macchina e stampa per voi il numero 248 della Gazzetta partigiana, la prima gazzetta del Comitato provinciale del Fronte di Liberazione per il Litorale e la Carniola, stampata nella tipografia partigiana “Slovenija”.
Anche la storia dell’acquisto, del trasporto e della consegna della macchina in una tipografia illegale nella foresta ai margini della piana di Vojsko è molto interessante. Su ordine di Andrej Kumar, responsabile della fondazione della tipografia partigiana Slovenija, Ladko Špacapan andò a Milano per acquistarla con il denaro del Fronte di Liberazione. Il trasporto della macchina attraverso il territorio nemico fu estremamente rischioso a causa del rigoroso controllo tedesco di tutte le merci. A Gorizia, il trasportatore locale Doljak riuscì a ottenere un ordine e il permesso necessario al trasporto di latte condensato, dietro al quale nascosero i pezzi della macchina. A Padova il camion fu fermato dai tedeschi. Durante l’ispezione del carico, le sirene annunciarono l’attacco degli aerei alleati e, nella conseguente confusione, Doljak e Špacapan riuscirono a sfuggire insieme al carico. Con una buona dose di fortuna arrivarono infine a Gorizia. Da lì, dopo un’accurata pianificazione, la macchina fu trasportata fino a Vojsko, nascosta nei boschi e infine trasferita con grande sforzo nella sala macchine di nuova costruzione della tipografia.
Ogni scolaro sloveno impara il nome di France Bevk (1890-1970), scrittore di Cerkno e della regione Primorska. Egli nacque in una grande famiglia con una piccolissima proprietà terriera a Zakojca, vicino a Cerkno. I suoi genitori lo mandarono a imparare il mestiere del commerciante, ma il suo apprendistato finì in gran fiasco. Possiamo trovare una descrizione della sua difficile esperienza di vita nella sua operail piccolo ladro. Iniziò comunque la carriera di scrittore con la sua prima opera, il “racconto del bandito Lazzarini”, componendola in segreto a 12 anni in una piccola mansarda. Anche negli anni da studente all’istituto magistrale di Gorizia scrisse e pubblicò molte opere. Le sue due raccolte di poesie, una per bambini>(I pastorelli danzano attorno al falò)e l’altra per adulti(Poesie)sono tuttavia meno note. A causa del suo atteggiamento etnicamente consapevole durante il fascismo, fu perseguitato e imprigionato, ma non smise mai di creare. Pubblicò anche con diversi pseudonimi, tra i quali il più conosciuto è Pavle Sedmak.
Bevk si ispirò per le proprie opere all’ambiente casalingo, all’ambiente contadino e alle proprie esperienze. Da lì provengono gli eroi della sua infanzia e le sue opere giovanili. Vi ricordate di Peter Klepec, Ferjanč, Blaž e Lenart deiPastorelli,di Nežka nellaTata, di Lukec e del suo storno nel lungo viaggio verso l’America? A causa delle circostanze storiche che afflissero il Litorale sloveno durante il fascismo, occupa un posto speciale anche il sacerdote patriota Martino dell’operaIl Cappellano Martin Cedermac, mentre alPiccolo ribelleviene assegnato il destino dei più giovani in quel periodo storico. Lo scrittore veniva anche disturbato dal passato più remoto e in diversi romanzi storici (Cavalieri insanguinati, Scorpioni della terra, Fratelli neri e sorelle nere, Uomo contro uomo),> descrisse la vita nei tempi travagliati della prima metà del XIV secolo, quando le persone vivevano nel terrore di guerre feudali, locuste, terremoti, fame e pestilenze. Solidamente ancorate nel duro terreno della realtà, le storie di Bevk sono crudeli, tristi, ma allo stesso tempo piene di piccole gioie. Testimoniano il grande attaccamento dello scrittore ai suoi luoghi natali e alle sue persone care. Visitate la sua casa a Zakojka, la sua India Coromandia, e sentite lo spirito di un’epoca passata.
Bevk è considerato uno scrittore per giovani estremamente prolifico. Scrisse una cinquantina di opere per giovani e oltre centocinquanta in totale. È uno degli autori sloveni più tradotti. Le sue opere sono state tradotte in più di venti lingue. A partire da alcune opere(Il cappellano Martin Čedermac, Pastorelli, La tata, I fratelli neri), sono stati girati film e programmi TV.
Durante e dopo la Seconda guerra mondiale fu anche attivo nella vita sociopolitica. Partecipò alla lotta per i nostri confini occidentali e rimase molto deluso quando Trieste e Gorizia rimasero segregate dalla madrepatria. Visse e lavorò a Lubiana e a Nova Gorica. Morì a Lubiana il 17 settembre 1970, in occasione del suo ottantesimo compleanno, e venne sepolto a Salcano. Oggi presta il suo nome a numerose strade e piazze, a una scuola elementare a Tolmino, a Lubiana e a Opicina, presso Trieste, a una biblioteca e ai riconoscimenti comunali di Nova Gorica e di Cerkno. Per la sua eccellente gestione a lungo termine dell’Ospedale partigiano Franja, il Premio Bevk del Comune di Cerkno per il 2013 è stato assegnato proprio al nostro museo.
Le maschere, anche quelle di carnevale, hanno stimolato l’immaginazione della gente fin dai tempi antichi; Ta terjast e gli altri laufar raccontano storie sulle paure e credenze dei nostri antenati. Ogni anno richiamano a Cerkno la primavera e portano fortuna e un buon raccolto ai contadini.
Tra i 25 personaggi di questo noto gruppo carnevalesco sloveno, Ta terjast è uno dei più conosciuti. Secondo l’antica tradizione, rappresenterebbe lo spirito degli antenati defunti e nelle cerimonie di oggigiorno svolge il ruolo di controllore o poliziotto. In mano tiene un bastone e il suo abito è interamente ricoperto di “terje” svolazzanti – i resti dell’ordito che vengono rimossi alla fine della tessitura del lino. Indossa una maschera inquietante con un grande naso e una mascella sproporzionata da cui sporgono grandi denti bianchi. Nella sfilata di carnevale ci sono tre personaggi che corrono costantemente, spaventando i bambini, prendendosi cura dell’ordine tra i laufar e tra gli spettatori. La loro corsa, “laufen” in tedesco, è l’elemento che ha dato il nome a tutto il gruppo carnevalesco: appunto i laufar.
La maschera per il viso a Cerkno viene chiamata “larfa”. Tutte le “larfe” dei laufar di Cerkno, che vengono da sempre realizzate da intagliatori autoctoni, sono scolpite, ad eccezione di una, in legno di tiglio e splendidamente dipinte. La loro peculiarità è che non sono conosciute, in forma così simile a degli esseri umani, in nessun’altra parte della Slovenia, ma compaiono altrove nella regione alpina di Austria, Italia e Svizzera.
Vi stuzzica l’idea di trasformarvi in un laufar per un momento? Venite al Museo di Cerkno, dove potrete visitare la mostra “È tutta colpa di Carnevale!: Storia dei laufar di Cerkno”, e dove potrete anche indossare brevemente una “larfa” di legno e rivivere in prima persona le emozioni dei ragazzi che ogni anno inscenano questa antica usanza, assicurandone l’immortalità.